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Uno sguardo sulle fortificazioni italiane in età contemporanea

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Colico (LC)

Situato sulla sponda nord-orientale del lago di Como, il paese si trova alla confluenza della Valtellina con la Valchiavenna.
Proprio la posizione strategica del territorio, essenziale per controllare due delle possibili vie di accesso alla pianura lombarda, portò nel tempo alla costruzione di più punti fortificati. A questo scopo si prestavano ottimamente i piccoli rilievi rocciosi (chiamati Montecchi) situati nelle adiacenze del paese.
La prima grande opera risale al Seicento, durante il dominio spagnolo. All'epoca la Valtellina e la Valchiavenna erano un possedimento della confederazione dei Grigioni, strappato al Ducato di Milano in conseguenza del trattato di Teglio (1512). L'erezione della fortezza fu dovuta al governatore Pedro Enriquez de Acevedo conte di Fuentes, che scelse come sede il Montecchio orientale, situato vicino al borgo di Monteggiolo. I lavori cominciarono nel 1603 e, nelle parti essenziali, terminarono in tre anni.
Il forte si presentava come una possente costruzione bastionata, di pianta irregolare. All'interno, intorno alla piazza d'armi, erano disposti a 'U' numerosi edifici: gli alloggiamenti per le truppe, il palazzo del Governatore, il mulino e la chiesa.
Se si escludono alcuni fatti d'arme minori, la fortezza nel primo secolo di esistenza svolse essenzialmente funzioni di deterrenza. E' solo nel Settecento, con la guerra di Successione spagnola (1701-1713/14), che ebbe la prima vera prova del fuoco. Nel 1782 l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo diede ordine di metterla all'asta e dal quel momento venne adibita ad usi agricoli. La fortezza concluse ingloriosamente la sua sorte pochi anni dopo per mano di Napoleone, che nel 1796 ne ordinò lo smantellamento.
Negli anni successivi alla formazione del Regno d'Italia il sito del forte di Fuentes venne preso in considerazione per una nuova opera permanente. Un'ipotesi al riguardo era già stata presentata nelle sedute della Commissione Permanente per la Difesa Generale dello Stato (istituita con R. decreto 23 gennaio 1862) e tornò nei successivi dibattiti relativi alla frontiera settentrionale. Tuttavia la sua realizzazione non venne giudicata necessaria per tutto l'Ottocento1.
Nei primi anni del nuovo Secolo – anche in conseguenza del miglioramento delle relazioni fra Austra-Ungheria e Confederazione Elvetica, che fece temere la stipula di un'alleanza anti-italiana – si tornò a considerare la questione della difesa della Valtellina.
Nel 1911-1912 vennero stilati i piani per un'opera corazzata, prima prevista sul Montecchio Sud ed infine su quello Nord. Essa sarebbe stata integrata da alcuni appostamenti campali da realizzarsi sul forte di Fuentes e sul Montecchio di Piona. I lavori preparatori cominciarono nel 1913 e si conclusero alla fine dell'anno successivo.
L'andamento della linea del fronte non diede occasione al nuovo forte di prendere parte ai primi eventi bellici. Nel luglio 1915 venne disarmato e i suoi pezzi portati in zona di combattimento. I cannoni ritornarono in sede solo tre anni dopo, in previsione di un possibile attacco Austro-Tedesco attraverso il passo dello Stelvio o i valichi lungo il confine con la neutrale Svizzera.
Nel primo dopoguerra il forte mantenne la sua efficienza e – come 520^ Btr. G.a.F. – fece parte del Vallo Alpino (XII settore G.a.F.). Nel 1939 assunse il nome di 'Lusardi'2.
Anche durante la Seconda Guerra Mondiale l'opera non ebbe occasione di intervento. Gli unici fatti bellici sono riferibili agli ultimi giorni del conflitto. Il 26 aprile il presidio italiano si ammutinò: dopo un breve scontro, prese prigionieri i militari germanici ivi presenti e consegnò lo stesso ai membri del C.L.N., ricevendone in cambio un salvacondotto. Il giorno successivo i cannoni sparano alcuni colpi contro un reparto tedesco che procedeva sulla parte opposta del lago: si trattava degli uomini che dovevano scortare Mussolini e alcuni gerarchi fascisti. Il Duce era già stato consegnato ai partigiani a Dongo e i Tedeschi stavano risalendo il lago cercando di tornare in patria. Anche se i colpi andarono a vuoto3, la consapevolezza di essere sotto tiro spinse il comandante dell'autocolonna – capitano Hans Fallmeyer – ad arrestare la marcia e a dare avvio alle trattative di resa che si conclusero il giorno dopo.
Nel secondo dopoguerra il forte venne adibito a polveriera fino alla definitiva dismissione avvenuta nel 1981. Attualmente è affidato al 'Museo della Guerra Bianca in Adamello', che ha provveduto ad aprirlo al pubblico.
Forte Montecchio Nord è l'unico in Italia ad aver conservato i cannoni e si presenta ancora oggi quasi integro. E' strutturato su due distinti edifici costruiti in cemento e pietra, fra loro collegati da un corridoio 'alla prova' al cui interno si aprono le sale della polveriera scavate nella roccia. Il primo edificio che si incontra ha un solo piano ed era adibito ad alloggiamento, armeria e sala comando. Il secondo, situato in un cortile interno, era a due piani e ospitava i gruppi elettrogeni, l'impianto di aspirazione dei fumi, la camera comando e i cannoni. Adiacente ai pezzi era la camera comando, da cui si accedeva alla cupola di osservazione.

Sinteticamente, le fortificazioni permanenti sono:
Forte Montecchio Nord (o Forte 'Aldo Lusardi') (Anno di costruzione: 1913-1914; Tipologia: batteria corazzata con armamento principale in pozzo; Armamento: quattro cannoni da 149S in cupole singoli girevoli; Località: Montecchio Nord, via alle Torri; Altitudine: 258-275m; Stato di conservazione: buono; Proprietà: Demanio dello Stato, in gestione al 'Museo della Guerra Bianca in Adamello'; Modalità di accesso: visitabile; Note: l'armamento è quello risalente al 1918, basato su due originali pezzi Schneider e su due cannoni da 149A);
Forte di Fuentes (Anno di costruzione: 1603-1605 ca.; Tipologia: forte bastionato a tracciato irregolare; Località: Montecchio Est, via Forte di Fuentes; Altitudine: 271m; Stato di conservazione: ruderi; Proprietà: Provincia di Lecco, in gestione al 'Museo della Guerra Bianca in Adamello'; Modalità di accesso: visitabile; Note: presenti otto cannoniere in cemento disposte al 'L', risalenti al 1916 e destinate al posizionamento di due batterie di cannoni da 149G: una rivolta verso la Valtellina e l'altra verso la Valchiavenna).

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1 BELOTTI Walter, I sistemi difensivi e le grandi opere fortificate in Lombardia tra l'Età Moderna e la Grande Guerra, Milano-Temù, Regione Lombardia-Museo della Guerra Bianca in Adamello, Vol. 1: Le Batterie Corazzate, 2009, pagg. 24-25.
'La Sotto Commissione […] ha unanimemente opinato che non sia il caso di custodire con opere permanenti il confine svizzero': Verbale definitivo della Sotto Commissione incaricata di studiare il progetto generale di difesa della penisola italiana in data 22 febbraio 1866, citata in: GABRIELE Mariano, La frontiera nord dall'unità alla Grande Guerra (1861-1915). Piani e studi operativi italiani verso la Francia durante la Triplice Alleanza, Roma, USSME, 2005, pag. 347.
'Questo sbarramento della strada del Sempione fu la sola opera di fortificazione permanente proposta per la sistemazione della nostra frontiera verso la Svizzera, essendosi considerato che nel caso d'invasione austriaca una violazione della neutralità svizzera condurrebbe le forze avversarie in Valtellina e nella conca di Chiavenna, donde, per procedere verso la pianura padana, esse dovrebbero seguire la strada del colle di Aprica e della Valcamonica che verrà sbarrata dalle fortificazioni di Edolo, oppure la strada che per Colico e Lecco corre lungo la costa orientale del lago di Como racchiusa in una lunga stretta formata dal lago stesso e dalle aspre montagne della Euribia; nella quale stretta per impedire l'avanzata del nemico riuscirebbero molto efficaci le distruzioni stradali; per cui la maggioranza non credette di accettare la proposta fatta da alcuni membri di sbarrare anche questa strada con opere permanenti': Lettera del ten. gen. Luigi Mezzacapo al ministro della Guerra Emilio Ferrero in data 22 giugno 1883 e relativa alle conclusioni della Commissione per lo studio della difesa dello Stato, in: GABRIELE Mariano, op. cit., pag. 434.
2 Il ten. Aldo Lusardi era caduto il 5 novembre 1935, durante la guerra Italo-Etiopica.
3 Le carte di tiro erano state distrutte nelle fasi dell'ammutinamento.

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