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Uno sguardo sulle fortificazioni italiane in età contemporanea

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Ricoveri antiaerei 'casalinghi'

Fin dalla seconda metà degli anni Trenta il Governo emanò una serie di leggi e regolamenti relativi alla difesa passiva dei nuclei urbani.
Per quanto riguarda la sicurezza delle abitazioni 'civili o popolari', venne disposto che negli edifici di nuova costruzione (o in corso di costruzione) fosse obbligatorio l'apprestamento di un ricovero antiaereo.
Il ricovero doveva essere ubicato nello scantinato o – in mancanza di esso – nel pianterreno, il più distante possibile ''dalle linee di facile penetrazione (larghe trombe di scale, ascensori o simili)'' e anche da ''condutture e depositi di sostanze facilmente infiammabili''. Qualora il ricovero avesse avuto dimensioni considerevoli, doveva essere suddiviso in 'celle', così da ridurre i rischi che un crollo parziale coinvolgesse la totalità delle persone rifugiate. Le vie di accesso dovevano essere due, quanto più possibile lontane l'una dall'altra: una doveva ''consentire l'occupazione rapida e comoda del ricovero'', la seconda era di sicurezza. Gli accessi dovevano essere poi ''disposti in maniera da risultare sfalsati alle aperture immediatamente contigue agli accessi stessi''. In caso di più celle, queste dovevano ''se attigue, essere intercomunicanti, con aperture sfalsate tra loro''. Ogni ricovero doveva disporre di ''sufficienti apprestamenti ad uso latrina con impianto ad acqua o secchio asportabile''; la sua illuminazione non avrebbe dovuto consumare l'ossigeno dell'ambiente. Infine, qualora le dimensioni lo avessero consentito, il ricovero deve essere provveduto di ''un serbatoio per acqua'' e di un piccolo magazzino, ''da destinare come deposito di attrezzi, materiali di protezione e materiali di pronto soccorso''.
Le caratteristiche complessive dovevano essere tali da garantire almeno la resistenza al crollo dell'edificio sovrastante. Requisiti di maggiore sicurezza (ad esempio, gli apprestamenti antigas o la capacità di reggere a colpi in pieno) erano lasciati alla facoltà dei proprietari di case. Tali normative avrebbero avuto vigore nei comuni considerati maggiormente a rischio da parte dell'offesa aerea1.
Gli accertamenti e le ispezioni dei ricoveri antiaerei approntati negli edifici civili venne affidata alle Delegazioni provinciali dell'UNPA2.
Nei singoli edifici, l'applicazione e la vigilanza di tutte le vigenti misure antiaeree era affidata al proprietario dell'abitazione stessa e ad una nuova figura: il capo fabbricato.
Compiti del proprietario erano ''l'apprestamento delle opere e dei servizi di protezione antiaerea da attuarsi a sua cura e spese, compresa la fornitura delle maschere antigas al capo fabbricato e alle altre persone addette alla protezione casalinga dell'edificio''. In particolare, qualora l'edificio non disponesse di un ricovero precostituito, doveva – in accordo col capo fabbricato – individuare il/i locali che meglio si prestassero allo scopo e adottare i conseguenti provvedimenti ''per aumentare nei limiti del possibile la resistenza del locale o dei locali prescelti''.
Compiti del capo fabbricato erano di ''provvedere alla applicazione, alla vigilanza ed al controllo di tutte le misure protettive antiaeree, sulla base delle direttive ed istruzioni delle competenti autorità, assumendo, al momento dell'allarme, la direzione e la responsabilità di tutto quanto concerne la protezione antiaerea''. Egli doveva inoltre ''provvedere al collegamento tra il proprietario e gli abitanti della casa con le autorità preposte alla protezione antiaerea''. Fra i suoi compiti specifici vi erano l'accertamento che tutto fosse predisposto per l'oscuramento, che i sottotetti fossero sgomberati dai materiali facilmente incendiabili e che vi fossero ''depositi di sabbia asciutta con attrezzi per spargerla e soffocare incendi'', ecc.. Esisteva un capo fabbricato ''in tutti gli edifici o gruppi di edifici sia isolatamente che promiscuamente ad uso di abitazione, uffici, banche, alberghi, istituti di educazione, case religiose, luoghi di cura e simili'. Esso era nominato dall'UNPA e dipendeva dai comandi rionali dell'ente. Veniva scelto ''fra gli abitanti di ambo i sessi di ciascun edificio o gruppi di edifici, non impegnato per i servizi che richiedano il loro allontanamento dall'edificio o gruppo di edifici al momento dell'allarme''. Era previsto che – per l'assolvimento dei suoi compiti – si avvalesse del portiere e di ''qualche inquilino di buona volontà''3.
Nel maggio 1939 su tutto il territorio nazionale erano presenti 3.523 ricoveri casalinghi, per una capacità complessiva di circa 190mila persone. Allo scoppio della guerra l'inadeguatezza numerica dei ricoveri casalinghi e pubblici rese necessario l'adattamento di normali cantine trasformandole in ricoveri 'di circostanza', tramite il puntellamento dei soffitti e pochi altri accorgimenti. Conclusasi la guerra, le strutture che riuscirono a superare la prova bellica divennero manifestamente inutili. Le travi che puntellavano i soffitti vennero tolte ed il legname riutilizzato per altri scopi. Destino analogo ebbero le panche su cui si sedevano i condomini, e lo spazio lasciato libero divenne o ritornò all'uso di cantina/deposito. Le porte antisoffio col passare degli anni vennero sostituite da altre più nuove e moderne. Lentamente – in occasione di tinteggiamenti – vennero cancellate le scritte dipinte sui muri dei ricoveri ('Al rifugio', 'Uscita di soccorso', 'Al gabinetto', 'Vietato fumare', ecc.).

Per vedere alcuni esempi di ricoveri casalinghi fortunosamente sopravvissuti ai giorni nostri, cliccate qui.

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1 Si veda, ad esempio, le seguenti normative: Regio Decreto-Legge 24 settembre 1936 n. 2121 (convertito in legge con Legge 10 giugno 1937 n. 1527), Regio Decreto-Legge 16 febbraio 1939 n. 313 e Legge 6 giugno 1939 n. 1102.
2 Regio Decreto 26 ottobre 1939.
L'UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) era un ente morale istituito allo scopo ''di integrare l'azione degli organi statali preposti alla protezione antiaerea, provvedendo a diffondere nel Paese la conoscenza dei reali pericoli della guerra aerea e di collaborare nell'attuazione dei provvedimenti relativi alla detta protezione''. L'associazione provvedeva al raggiungimento dei suoi scopi principalmente con ''la propaganda, la raccolta dei fondi, l'organizzazione di squadre volontarie per coadiuvare le Autorità preposte alla protezione anti-aerea, l'eventuale collaborazione cogli enti locali e con i privati cittadini per facilitare l'attuazione della protezione anti-aerea, gli studi e l'assistenza ad inventori di apparecchi o sistemi costruttivi atti a rendere meno gravi gli effetti delle incursioni aeree''. Al riguardo, si veda il Regio Decreto 30 agosto 1934 n. 1539 e il successivo Regio Decreto 14 maggio 1936 n. 1062.
3 Legge 1° novembre 1940 n. 1607.

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